Marcella Chirico

Realtà Metropolitane

Il lessico di un mondo liquido

Chi ha armato i terroristi? Quali scopi aveva tanto odio? Forse non conosceremo mai la vera identità di chi ha premuto
il grilletto contro le Torri Gemelle. Possiamo solo immaginare lo strazio di chi ha perso vite a lui care. Non certo giungere in vetta all’enorme montagna di dubbi che tuttora circonda la catastrofe. L’arte di Marcella Chirico ha però un valore liberatorio.
Permette di pensare con l’emozione e con l’istinto, e non solo con la ragione, al buio dentro il tunnel che illumina con un gioco di rifrazioni per mettere a nudo l’anima stessa di New York colpita al cuore. Un gioco in cui colori e segni prendono forma grazie
a strisce di metallo, graffiti, dripping e iridescenze.
Parole del lessico urbano che si scontrano e si frantumano come mosaici. E danno vita a nuovi sedimenti.
A ponti di ferro e sangue. A slanci verticali. A vertiginose geometrie dell’abisso. Il tutto è abilmente congelato in un istante, nel momento faustiano della creazione che definisce appunto l’immobilità di un mare sempre diverso e mai uguale a se stesso. Come è del resto la Grande Mela nelle sue stratificazioni storiche
e culturali.
Nel suo insondabile essere, oltre ogni immaginario, uno skyline della mente, prima ancora che della geografia e della storia.
Forse l’unica utopia realizzata sulla terra, New York. Pianeta alieno e “liquido” per definizione, crogiolo in perenne metamorfosi che contiene la vita alla sua massima temperatura di ebollizione e al massimo grado di tensione dialettica.
Un magma che insieme assorbe, amplifica e cristallizza ogni cosa. E che l’arte di Marcella Chirico restituisce temperandone
le dissonanze fra suoni al neon, automobili incolonnate e cromature, in una dimensione svincolata dal tempo.
Aderente alla realtà ma tesa soprattutto a interrogare l’impossibile.